Adolescenti, teatro e social network. Contaminazione feconda
Le luci della sala si spengono. Cala il silenzio.
Sale la tensione e…una voce, un corpo e lo spettacolo ha inizio.
E’ teatro. E’ vita.
Tutti i giorni, i nostri adolescenti si svegliano, fanno colazione, si vestono, accendono il loro smartphone (ipotesi ottimistica) o gli danno il primo sguardo della giornata (ipotesi più realistica in quanto lo smartphone di un adolescente si accende una volta sola per non spegnersi mai più).
Stop.
Rewind.
Tutti i giorni, i nostri adolescenti si svegliano, accendono il loro smartphone (ipotesi ottimistica) o gli danno il primo sguardo della giornata (ipotesi più realistica in quanto lo smartphone di un adolescente si accende una volta sola per non spegnersi mai più),fanno colazione, si vestono, escono stancamente da casa, si incollano allo smartphone fino all’ingresso in aula, sbirciatina allo smartphone alla fine della prima ora….[….tempo che trascorre…]….danno un ultimo sguardo allo smartphone e si addormentano. Non ci credi? Alla fine troverai qualche articolo della società italiana di pediatria su cui riflettere.
Ma torniamo a noi.
Ecco la mia tesi: più teatro per i nostri ragazzi.
Il teatro li aiuterà a diventare adulti consapevoli. Il teatro come strumento educativo.
Tutti i giorni i nostri ragazzi agiscono dei ruoli: lo studente, il figlio/a, il belloccio su Facebook, la femme fatale su Instagram, l’intellettuale su twitter, lo svalvolato o il “troppo fuori” su youtube. Ruoli che a volte rimangono confinati nella “rete” e fanno a cazzotti con quelli agiti in “real”.
E’ il processo di crescita. Hanno bisogno di sperimentarsi in ruoli diversi per poter decidere in quale vestito si sentono più a loro agio. E’ inutile meravigliarsi , ci siamo passati anche noi. Con altri strumenti, ma ci siamo passati.
Perché non provare a rendere feconda questa processione di ruoli che i nostri ragazzi attuano quotidianamente, perché non farne un’esperienza educativa?
Tutti i giorni si apre un sipario, tutti i giorni i nostri ragazzi hanno il loro pubblico e recitano per loro (e di rimando per sé stessi). Attraverso il pubblico l’attore dice “esisto” e il pubblico risponde “si, tu sei qui”. É una danza simbiotica, generatrice di identità. Non c’è attore senza un pubblico e non esiste pubblico se non c’è un attore.
Come rendere questo “teatro inconsapevole” uno spazio educativo?
Con l’intenzionalità.
Diamo valenza educativa ad una prassi quando operiamo una decisione volontaria. Quando costruiamo intorno a quella prassi un progetto con delle finalità e lo raccontiamo. Altrimenti tutti saremmo educatori, e tutto sarebbe educativo.
Una delle esperienze educative più dense che ho vissuto è stata la costruzione e la conduzione di un laboratorio teatrale con una classe dell’Istituto Professionale CAVALIERI di MILANO dove per 4 anni ho svolto supporto educativo ad alcuni alunni dell’istituto.
Ero di supporto a Daniele, affetto da una grave malattia rara. Ben presto sono diventato l’educatore della classe (non più di Daniele). Ho lanciato una sfida ai ragazzi: preparare per fine anno uno spettacolo da offrire a tutto l’istituto. Ho scelto un copione che mi sembrava adatto (se vi interessa il nome scrivetemi ), ho riscritto alcune parti pensando esclusivamente a loro e abbiamo iniziato a prepararlo. Le prove erano di venerdì pomeriggio, in orario extrascolastico. È stato così bello e intenso che ancora oggi mi commuovo se ci ripenso.
Ragazzi su cui nessuno avrebbe scommesso, ragazzi di periferia, figli di stranieri, ripetenti: tutti ruoli che in quell’occasione non abbiamo interpretato!
Ho anche partecipato allo spettacolo con un piccolo cameo perché:
” Non serve fare qualcosa per o parlare di…bisogna stare CON “
Spesso mi sentivo dire “..si ma Robi io mi sento scemo a fare così, non mi va che mi vedano gli altri, mi vergogno….etc etc”
Io rispondevo: “Anche quando fai il cretino in classe sembri uno scemo eppure non ti vergogni, come mai?”.
Il teatro regala ai ragazzi la possibilità di sperimentarsi in ruoli diversi, in un ambiente protetto (è un gioco, non si rischia niente e si sa che stiamo “facendo finta”) con la presenza di un adulto che sappia restituire un significato a quello che succede mentre si “gioca”.
E recitando…si cresce.
E noi, il loro pubblico, potremo stupirci, commuoverci, arrabbiarci e sorridere guardando con occhi nuovi i nostri ragazzi.
DLIN-DLON: si avvisa il pubblico in sala che lo spettacolo sta per iniziare. Ricordiamo a tutti di SPEGNERE I CELLULARI.