Il valore della prevenzione dei corsi di educazione digitale
Il post di oggi è dedicato ai casi di studio esaminati durante i corsi di educazione digitale svolti nelle scuole di Orbassano (To). Negli anni scorsi sono emersi diversi casi che hanno richiesto l’intervento di un professionista psicologo.
Per questa ragione è stata coinvolta la dott.ssa Elisabetta Carnero che in collaborazione con la dott.ssa Katia D’Orta interviene direttamente ogni qual volta si presentino problemi legati a sexting, cyberbullismo e disagi emotivi-relazionali.
Il mio intervento psicologico nell’ambito del progetto prevede una mia presenza di 3 ore per ciascuna classe, eccezion fatta per il secondo incontro, al quale sono stata invitata in qualità di osservatrice e in co-presenza con la dott.ssa D’Orta.
In questa fase del progetto vengono trattati i seguenti temi:
- bullismo
- cyberbullismo
- selfie
- sexting
a cui fanno seguito delle simulazioni e la visione di video. Fra questi quello di Amanda Todd (che potete visionare qui) che ha dei contenuti emotivamente molto toccanti, in cui una ragazza canadese racconta la sua vicenda personale come vittima di cyberbullismo.
Di norma dopo la visione dei filmati dedichiamo un’ora a commentare insieme ai ragazzi i temi che emergono dai filmati appena visti, quali atti di autolesionismo, overdose, tossicodipendenza, il sentirsi diversi, emarginati, soli.
Quest’ultima ora ha tuttavia risvolti diversi per ciascuna classe in base alle domande specifiche poste dagli studenti stessi in relazione ai video visti insieme e rappresenta un’ottima occasione per approfondire ciò che li interessa maggiormente.
Un tema ricorrente in ogni classe che abbiamo analizzato è quello relativo al tagliarsi, fenomeno autolesivo molto diffuso nei ragazzi di questa età.
Molto interessante è anche la difficoltà che ho riscontrato negli studenti nell’ambito della simulazione inerente ad un caso di cyberbullismo in cui vengono presentate delle alternative possibili di comportamento tra le quali scegliere.
I ragazzi sono stimolati a decidere in base a cosa farebbero davvero in quella situazione assumendosi la responsabilità connessa a questa scelta ed affrontando le conseguenze. Gli studenti esprimono il loro disaccordo in merito a quanto visto nei filmati, giudicando anche pesantemente chi non interviene durante episodi di aggressività di gruppo ai danni del singolo.
Nel confronto con la realtà però capita spesso che i ragazzi non siano consapevoli di aver agito in modo analogo per la paura di mettersi contro il gruppo e di viverne in prima persona le conseguenze.
I ragazzi spesso giudicano con disappunto il comportamento di chi si fa fotografare nudo e anche di fronte alle persecuzioni che ne conseguono -e che nei casi più gravi ed estremi hanno condotto al suicidio – commentano con frasi molto dure tipo “aveva solo da pensarci prima” “se lo è cercato”.
Parte del lavoro svolto è quindi finalizzato a far accettare loro la possibilità di sbagliare, di commettere degli errori e di come questi siano parte del processo evolutivo di crescita, da considerare come opportunità per comprendere e non attuare il medesimo comportamento in seguito. Questo significa imparare, cadere e rialzarsi.
Alcuni ragazzi hanno inoltre espresso contenuti di disagio emotivo, psicologico e relazionale in quanto si sentono vittime del bullismo o lo sono state in precedenza.
Molti abusano di internet e non informano né i genitori né alcuna figura di riferimento in merito a ciò che visionano. Spesso hanno la convinzione che nulla di ciò che viene spiegato nel progetto e di cui vengono messi in guardia possa capitare a loro, dimostrando profonda ingenuità e spavalderia.
Per quanto non fosse per me una novità il fatto gli adolescenti trascorrano molte ore davanti al computer, siano iscritti ai social network, facciano parte di gruppi su whatsapp ecc., mi ha sconcertato sapere che, nonostante l’età per iscriversi a un social network sia di 13 anni (ed è una chiara ed esplicita regola), più dell’80% dei ragazzi incontrati (più di 200), si sia iscritto prima di questa età, alcuni addirittura vi partecipano da quando avevano 7-8 anni.
Internet è uno strumento e come tale non è né da santificare né da demonizzare; cosa conta è l’uso che se ne fa. Il problema nasce quando se ne abusa nel modo e nei tempi di utilizzo.
Ciò che ho constato è che molti giovani lo utilizzano senza conoscerne le regole basilari, aggravando ad esempio i toni nelle comunicazioni in chat, come se in quell’ambito fossero meno inibiti rispetto a quello reale, perché intoccabili e irraggiungibili. Come si sentono forti e sfrontati senza in realtà neanche conoscere i rischi a cui il loro comportamento in rete li potrebbe esporre.
Professionalmente e personalmente ritengo che questo corso nelle scuole svolga un’importante funzione preventiva (perché prevenire è meglio che curare), educativa e formativa e sono molto felice di aver portato il mio contributo collaborando con Katia che da anni se ne occupa con professionalità, entusiasmo, cura e determinazione.
Elisabetta Carnero